C’e, nel rigoglioso lussereggiare delle fioriture di giardino e di parco, non meno e non più che nel sommesso variegare di quelle di balcone, di prato, di brughiera e di palude, sempre, il segno – la certezza – del perenne rinnovarsi del miracolo della vita. Non e certo un caso che l’artista, ogni artista, sin dall’alba del mondo, ne ha tratto stimolo al proprio operare: perchè l’arte e, di per se, discorso di vita, riflessione di vita, espressione di vita, proposta di vita.
Se oggi la maturità totale di un artista quale Mimmo Sarchiapone approda alle fioriture intese come tematica nuova ed autonoma, cio si deve in gran parte alla consapevolezza – guai all’uomo che aridamente ne fosse privo! – che, nell’autobiografia che giorno dopo giorno l’universo narra di se stesso, il capitolo della speranza e il solo a dare sapore e pregnanza a tutti gli altri. Se il seme non muore nel ventre materno della terra, non v’e prospettiva del domani: ed e questo un assioma, evangelico ma di portata cosmica, valido, e per il rinnovarsi dell’umanità e per il germinare della natura. Mi pare anche di cogliere una simile universale sintonia, nel nostro straordinario incisore, attraverso la dedica di questa mostra bellissima, mostra di “fioriture” appunto, a Lalla che continua oltre la morte a parlare il suo messaggio di speranza-certezza dell’umano destino.
Ed eccole, colte in quelli che Sarchiapone ama chiamare “i luoghi delle memoria” le preziose fioriture che hanno il potere di avvincerci – per attonici silenzi, per sommessi rumori, per incalzarsi di chiarori e di ombre – e di conquistarci pienamente, malgrado l’assenza del colore. E facile rappresentare trionfi floreali avendo a disposizione tavolozze rutilanti di tinte: certamente, lo e assai più che il creare situazioni cromatiche affidandone l’esito esclusivamente all’eloquenza del segno grafico, nell’elementare contrasto del nero e del bianco. Vedete, quando si arriva a trattare la lastra come fa Mimmo Sarchiapone, incidendola totalmente ma donandole una luminosità tutta congenita, un respiro – un’aria, lo chiama lui, – che traversa e percorre e ravviva spazi e cieli ed infiorescenze e fogliami, e gli stessi segni di paesaggio umano, il colore diviene del tutto superfluo. Una opzione. Siamo di fronte ad un bianco e nero che ha in se stesso la massima capacita espressiva.
Certamente le stampe di Sarchiapone – le cui tirature nascono, figlie delle matrici di zinco, dal torchio che l’artista medesimo aziona in studio, ed e operazione altrettanto amorosa e paterna, ed esigente di pazienza infinita, quanto il momento della creazione e dell’incisione – hanno richiami culturali alle temperie formative dell’artista: morandiane, manaresiane e non solo. Ma sono del tutte atipiche, sia per quel respiro che dicevamo, per una palpabile “presenza” dell’incisore all’interno di esse, che supera i meccanismi dell’indifferenza e del distacco. E lo sono altresì per gli evidenti risultati delle invenzioni tecniche, che accentuano vitalità e movimento di infrascature e di fioriture arbustive ed arboree.
Milioni di segni: ma se il classico operar per tratteggi, per linee, per incastri, lo si ritrova nella narrazione poetica di elementi architettonici o comunque umani, viene invece privilegiato un minuzioso procedere per linee curve, per “ghiribizzi” che a seconda delle differenti connotazioni di fogliami e di ramificazioni e di infiorescenze, ne costruisce l’identikit con un’espressività che nulla ha dell’accademico, del didattico: in piena liberta. Sicchè l’esito, favorito altresì da una, diremmo, “ostetrica” cura delle numerose morsure che richiedono tempi lunghi all’azione dell’acido, e di altissima pittoricità. Non e questo sicuramente un limite dell’artista: si veda, ad esempio, il paradigmatico Giardino Morandi in via Fondazza.
Chi ha avuto la gioia di seguire in questi anni, attraverso memorabili mostre, la straordinaria felicita dell’artista nella trasfigurazione d’altri “luoghi della memoria”, in particolare le immagini di una Bologna interiore e intima e di una Pescara dannunziana, e in grado di acquisire ora un’ulteriore dimensione artistica e umana di Mimmo Sarchiapone, maestro che ha chiare e robuste radici nella “scuola antica” ma che, come le sue “fioriture”, e ognora in divenire: senza ripetere (ma anche senza rinnegare) mai il proprio ego.
(Dal Catalogo Most)