Queste immagini nascono come puntigliosa traduzione grafica di vecchie fotografie. La fotografia (ce lo ha insegnato Barthes) blocca l’istante. Sarchiapone, con la sua operazione, vuole ancora piu congelare una antichissima memoria di cui sopravvivono (appunto congelati per sempre) pochi lembi. Mi chiedo il perche di questa operazione che si presenta con i tratti nitidi di una tecnica usata con pertinenza, quella dell’acquaforte.
Nella vecchia foto puo precipitare un’amalgama di fantasie, associazioni, personali annotazioni visive e mentali. Mi e capitato anni fa di “usare“ lo stesso patrimonio iconografico, pazientemente raccolto da Pasquale De Antonis, grandissimo fotografo. Per circa un anno sono vissuto nella vecchia Pescara, tra il Forno di FIaiano e l’Arco di Portanova; uno spazio ristretto, minimo, che diventava gigantesco e mitico. Leggevo d’Annunzio, leggevo vecchie “ingenue“ fonti come le straordinarie memorie di Valentino Cannella o gli affreschi di Romeo Tommolini. Ricordavo Flaiano che mi parlava di questa Pescara che aveva fatto in tempo a vedere, con la madre del poeta in perenne attesa alla finestra “nobile, bianca, infelice”.
Da dove nasce la profonda suggestione della materia, di ricordi che non appartengono ne alla mia generazione ne (penso) a quella di Sarchiapone? Proprio in quella sorta di incrocio tra una singolare unita comunitaria, una contrada (un’altro scrittore abruzzese, Silone, ha creato una sorta di mitologia della sofferenza irriscattabile della contrada) e quella rovinosa e straripante fantasia creativa di d’Annunzio che aveva tutto dissanguato, diluito, elaborato.
Le fotografie sono il dato di partenza. Ma anche segnano I’approdo di ogni tragitto intellettuale e creativo.
In ogni caso sono questi i segni (pochi, casualmente sopravvissuti) con cui dobbiamo fare i conti.
Ora pero posso rispondere alla domanda che mi sono fatto. Sarchiapone ha voluto ritualizzare la propria ossessione.
L’ossessione era quella che lo attraeva irresistibilmente verso quelle immagini in cui sentiva depositata una sua profonda, insondabile nostalgia. Quando si e posseduto da un simile demone, bisogna assecondarlo.
Come? Con il ricalco dell‘antica foto: tanto piu esaltato e il calco, tanto piu la distanza si moltiplica all’infinito. L’ossessione vuole fissare il suo oggetto d’amore nella sua forma definitiva: appunto per sempre irraggiungibile. E ha bisogno della ritualila della ripetizione. Proprio come l’innamorato che ripete alla lettera (con un’acrimonia filosofica che puo sbalordire) le litanie dell’incontro e le crudelta dell’addio.
(Catalogo Mostra “50° Anniversario della morte di d’Annunzio”,
Casa d’Annunzio, Pescara 1988 – Il Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera 1989)