“… nel dolce paese lontano”

(da “Il ritorno a S. Mauro”, in “Le rane” di G. Pascoli)

L’autonomia del lavoro creativo e certo uno dei dati fondamentali dell’operare artistico di Mimmo Sarchiapone, autonomia che non significa soltanto liberta da condizionamenti, influssi, suggestioni(del resto, quale artista, sia pure eccelso, ne e del tutto immune?), quanto piuttosto la capacita di realizzare in proprio, nella concretezza del fare, le sue acqueforti, dall’iniziale “clic” ispirativo all’incisione sulla lastra, dal passaggio nel torchio al finale approntamento del foglio. Ma questo dato, più pertinente alla materia dell’opera che alla sua forma, si integra appieno con la particolare concezione estetica che anima l’artista e lo stimola a tradurre la sua visione delle cose in pagine di personale lettura, dove si avverte la presenza assidua, vigile, consapevole di un animo disposto a guardare ed a riflettere sul dato obiettivo.

Avviene cosi che nelle acqueforti di Sarchiapone non si rispecchi un semplice sguardo d’artista, ma circoli quell’invisibile linfa vitale che rende vibratile e significante ogni loro particolare ed infonde calore e forza espressiva al loro insieme, attraendo il fruitore in un moto partecipativo che va ben al di la della mera comprensione. Quando si parla di realtà come oggetto dell’opera d’arte si vuole e deve intendere questo termine in tutte le sue dimensioni, principalmente nello spazio e nel tempo, ma anche nelle diverse manifestazioni dell’io, cioè come pensiero, emozioni, volontà. Sotto questo profilo complesso e agevole seguire l’itinerario di Sarchiapone, ricordandone qui alcune tra le più significative delle tappe recenti:

la Pescara dannunziana, evocata da immagini fotografiche reinterpretate in chiave di un intrigante recupero memoriale; le tristi vicende belliche che travolsero Ortona, raffigurate nello spazio delle vittime, nel terrore degli scoppi e dei crolli; gli scorci dei pacati paesaggi della provincia pescarese. E ancora prima, le atmosfere coinvolgenti delle vecchie strade di Bologna, le soste di assorta contemplazione dinanzi a un parco lussureggiante, a una campagna in piena fioritura… insomma, tutto ciò che merita uno sguardo, che sommuove il fondo dell’animo, che sollecita l’artista ad esprimersi e stato ed e materia vivente e palpitante nelle sue opere.

Questa mostra, ospitata in un luogo cosi intensamente percorso da memorie pascoliane, induce a riflettere quanto della più autentica ispirazione dell’autore di Myricae possa alimentare una grafica, come quella di Sarchiapone, che tende a celebrare il mondo naturale nella sua vitalità multiforme; non sembri azzardato o irriverente un raffronto tra quel sommesso discorrere in versi con le piante, gli uccelli, i campi, gli attrezzi del quotidiano lavoro in campagna e queste incisioni che ritraggono con accorta e delicata minuzia di particolari, ma anche con tanta affettuosa simpatia, scorci di paesaggio e giardini fioriti, viali ombrosi e piccole case ammiccanti tra il verde. Anche qui il dettaglio non e frutto di una figurazione realistica fine a se stessa, e invece il frammento del vero assunto a significato essenziale di un tutto, trasfigurato nel simbolo pervaso e animato dall’intima adesione alla vita universa; sicche, pur nella diversità delle espressioni, nel divario dei tempi e delle culture, non e improbabile quel sottile legame, nel segno di una sensibilità che si fa affettuoso ascolto delle arcane voci del mondo naturale.

(Dal Catalogo Mostra “Accademia Pascoliana”, San Mauro Pascoli 1998)