Una forte pulsione rappresentativa nasce e si organizza nell’arte incisoria di Mimmo Sarchiapone da un evidente coacervo storico-culturale la memoria dei luogo, la sua rappresentazione intima.
E da sempre memoria ed intimità emozionale sono le medialità più forti ed efficaci nella rappresentazione di trascorse realtà sociali legale ad un territorio e dalle sue radici.
L’arte incisoria di questo artista si propone quindi di fare storia, e storia soprattutto di due città da lui vissute ed amate quali Pescara (città di nascita) e Bologna (di adozione) riproposte l’una nella “atmosfera dannunziana” l’altra nel “colore intimo ed ottocentesco“.
Ma le immagini di questa loro storia esposta in tante mostre ed ampiamente rappresentata in cicli episodici legati a repertori fotografici e non, si propone a mio avviso di andare ben oltre il narrato ad indicare i limiti di una nuova conoscenza, si propone l’azione per la trasformazione, suggestione di una sottaciuta proposta.
Vive questa e prevarica la rappresentazione tecnicamente mirabile, ma apparentemente formale, di vecchie vie, piazze, vicoli, botteghe di una umanità artigiana “formato cartolina”, indagata da un ancora sperimentale clic fotografico, la prevarica nel senso di un superamento dell’immagine per l’evidenziazione della cucitura impeccabile al contesto “psichico“ dell’immagine stessa.
All’interpretazione attenta di questo contesto non può e non deve sfuggire anche la rappresentazione e il senso di un suggerimento profondo, il bulino incide ciò che nella memoria e anche carenza di un luogo, ciò che e ridondanza di un vissuto sociale che e fatto di povertà o presunzione architettonica piccolo borghese, insiste e evidenzia ciò che e differenza, ciò che e bellezza di una natura perduta, i suoi mirabili“giardini del sole”, “fioriture” da riconquistare perchè divenuta carenza di un tessuto urbano mercificato, suggerisce ciò che non e solo momento di una storia ma messaggio e parola di quel momento sussurrato a questo nostro momento o a quello che verrà.
E cosi possibile una lettura letterale pur irreprensibile di questa grande arte incisoria, far scorrere l’occhio ad un soddisfacente e pur piacevole rimando, intelligente ed indagatore, ad un attimo di vera storia che la lastra di zinco privilegia di sottili e minuziosi tratteggi intersecati in linee e curve che ci arricchiscono culturalmente, ma e pur possibile un’altra idea di lettura che e quella che estrapola i riferimenti storici e sociologi e propone di combinarne i dati per un rapporto al presente, l’ambientalismo con l’antropologico, il sociale ed il “culturale” con quello “intimo e psichico“ per farne con una grande operazione di vera arte, sottile inquietudine e nuova esigenza, desiderio di trasformazione, passaggio al nuovo, rinascita.
Augurabile e quasi conseguenziale mi apparirebbe una sua ricerca ex tunc ad nunc, testimonianza di contemporaneità dai luoghi della memoria ai luoghi di un presente gia profondamente diverso, soprattutto di una immanenza urbana gia tentata dal futuro. Evidenziando poi la sua (magistrale) tecnica, noto quanto vari clementi di incisività segnica concorrano a sostenere significativamente rimpianto dell’incisione,
l’alternanza sapiente e pure fresca ed istintiva del tratteggio con segmenti accomunati da sottile evidenziazione, i luminosi monotoni delle campiture prospettiche, la raffinatezza di un chiaro e di uno scuro di raggiunta modularità plastica, un cromatismo caldo, misurato e armonico, realizzato nelle tecniche miste su carta: ogni scelta incisoria rende suo un linguaggio del tutto appropriato. Anche le linee contornali e le intersezioni risultano di estrema definizione sintattica e i rapporti prospettici e dimensionalisono supporto ambientale della composizione ma ne oscurano e nulla aggiungono ai contenuti
concettuali “ideativi-rappresentativi” dell’iperimmagine. L’idea di un se, sentimento di un passato che scaturisce dal senso di poter avere un’identità appartenente al reale.
Tale desiderio di realtà esplode poi come ideazione creativa, quando questa, non più trattenuta dalla rispondenza al momento storico, puo espandersi e dilagare nel linguaggio della natura.
In un catalogo della Galleria d’Arte D’Azeglio di Bologna relativo ad una mostra di Mimmo Sarchiapone del 1992, trovo racchiusa tutta la grande e prorompente poesia dell’artista per la natura e la sua luce.
Quei suoi dolci “Luoghi della Memoria”, che il critico d’arte Oriano Tassinari Clo definiva ancor più propriamente “Le fioriture”, ancor più li chiamerei “I Giardini dei Sole”, cosi come mi appaiono all’istintivo estatico percorrere quelle vie del verde e della luce condotta in una natura lussureggiante nella totale assenza del colore.
Grandi alberi, siepi, fioriture, cancelli dai quali l’accesso all’immagine e offerto da un silenzio solare nel quale pare cogliersi il respiro della natura. Le poche ombre vivono nei contrasti di luce assoluta, dietro,tronchi e pietre, sanno solo di fresco e profumano d’erba.
La creatività dell’artista e esposta al sole, poesia congenita, ed emozione che sa di vita e bellezza, che ci avvince da ogni angolo segreto di un giardino scoperto dalla luce. La purezza di un giardino segreto.
Tanto e tutto questo nell’arte di Mimmo Sarchiapone. Un’arte con due “I” maiuscole come Incisione ed Indimenticabili Memorie.

(Dal Catalogo Mostra “Centenario nascita di E. Flaiano”,
Mediamuseum, Pescara 2010)